LA BALERA DI FILOMELA
Teatro, canto, danza e poesia sul tema della violenza contro le Donne
Attività centrale è stato il laboratorio di formazione e creazione teatrale rivolto ad adolescenti, giovani, adulte ed anziane. Il laboratorio ha portato alla creazione dello spettacolo teatrale attraverso il racconto delle esperienze personali e familiari di ognuna.
Il teatro si fa strumento per una piena presa di coscienza della propria persona attraverso il confronto con altre donne che hanno vissuto esperienze simili stimolando la riflessione sul ruolo femminile nel mondo di ieri e di oggi.
Seguendo le modalità della pratica comunitaria i ricordi e le esperienze, proprie e altrui, diventano parole, gesti, azioni, suoni, immagini… e, attraverso condivisione e solidarietà, da individuali diventano collettivi.
In scena l’ironia attraversa il tempo: il linguaggio del cabaret evidenzia la potenzialità della risata, la possibilità di ridere muovendosi nel profondo.
“Filomela” è il mito che conclude il sesto libro delle Metamorfosi di Ovidio.
Si racconta che la giovane figlia del re di Atene subisce uno stupro da parte del cognato, Teseo, il quale, per impedirle di raccontare l’accaduto le mozza la lingua. Così Filomela comincia a tessere su una tela la scena della violenza subita con lo specifico scopo di essere udita da sua sorella, Progne, moglie di Teseo.
Il telaio aggiusta ciò che la violenza riduce in pezzi: il legame fra sorelle, il potere della donna di parlare, la forma della comunità, la comunicazione.
Il pensiero femminile non trova espressione di genere, la donna è “senza voce”.
L’espressione del pensiero femminile ha imparato attraverso i secoli a celarsi per non essere ridotto al silenzio assoluto.
Nella Balera sono in scena 26 donne dai 18 ai 75 anni: ognuna ha cercato, in se stessa ricordi di ferite più o meno profonde e nel mondo tracce di violenze più o meno profonde. I propri ricordi e le tracce altrui sono diventati parole, gesti, azioni, suoni, immagini e, attraverso condivisione e solidarietà, da individuali sono diventati collettivi.
In scena ognuna è altre donne, varie donne, personaggi incontrati nella vita, nella letteratura, nelle cronache quotidiane. Si parla, si canta, si danza… storie di donne a 360 gradi, senza veli e pregiudizi morali, in un’atmosfera di grande impatto emotivo. La pratica “comunitaria” è nello spettacolo, tocca il pubblico, partecipe attivo.
In scena l’ironia attraversa il tempo: il linguaggio del cabaret evidenzia la potenzialità della risata, la possibilità di ridere muovendosi nel profondo.