DoMiNo

Domino

Produzione Teatro Nucleo
Con il sostegno di Regione Emilia Romagna e Mibact
Regia Natasha Czertok
Con Marco Luciano, Martina Pagliucoli, Riccardo Sergio, Annamaria D’Adamo, Veronica Ragusa, Francesca Tisano
Musiche The Busy Bee, Balanescu Quartet, Alessio Bettoli, Alfonso Santimone
Scenografie RedoLab artigiani del riutilizzo, Luca Bernasconi, Giovanni Iaria
Sartoria Chiara Zini
Inserti video Riccardo Sergio

Recensione: https://www.darsmagazine.it/teatro-nucleo-domino/#.X5AhodAzY2w

Nel presente distopico di DOMINO, calzante metafora teatrale del presente che quotidianamente viviamo, non ci sono buoni e cattivi, i personaggi si muovono come pedine di un gioco crudele, freddi ingranaggi e funzioni di un sistema perverso che sembra non lasciare scampo.
Cuore del gioco è un misterioso meccanismo di selezione al quale sono sottoposti i quattro protagonisti, sorvegliati e condotti attraverso le varie fasi del processo da tre guardie dal sorriso perenne e inquietante.
Sulla scena si staglia un parallelepipedo metallico, un cubo misterioso e criptico, allegoria di un potere sempre più difficile da identificare e quindi sovvertire, che scandirà le fasi della selezione che porterà alla scelta di uno dei quattro concorrenti.
Uniche regole della gara: Vietata ogni forma di solidarietà; Vietata ogni forma di ribellione e criticità ai meccanismi del sistema di selezione.
Ma non sempre tutto fila liscio, e anche in questa glaciale atmosfera l’umano è sempre sul punto di emergere, sbocciare, costringendo le guardie a sedare con sottile violenza ogni sintomo emotivo, ogni inceppo che potrebbe causare l’arresto del sistema. Per quanto i concorrenti tentino di resistere, e difendere le proprie visioni e speranze, la macchina terminerà il suo lavoro, otterrà la sua nuova adepta, con una prassi tranquilla e lineare.
Il finale, però, è un finale di speranza. La forza del sogno e della poesia prendono corpo grazie ad una bambina, che arriva dal pubblico per posare il suo sguardo curioso sul disordine lasciato dall’ultima scena e accompagnare con la sua presenza innocente il testo di chiusura dello spettacolo, il poema di Mario Benedetti “Hombre mirando al cielo”.


Traendo ispirazione da romanzi quali “1984” di Orwell “Il mondo nuovo” di Huxley e molti altri, DOMINO vuole portare l’attenzione, tramite un linguaggio multidisciplinare che va dal teatro fisico alla danza al video, sulla progressiva diminuzione di beni primari, sulla graduale perdita della libertà di pensiero, sull’innalzarsi di nuovi muri e frontiere , sulla poesia come strumento di salvezza. Sulla rivolta come atto necessario.

Il grande cubo metallico è elemento centrale della scenografia e delle coreografie della prima parte di spettacolo, scandita dal 4/4. La simbologia legata al quadrato permea la scena, gli spostamenti, le musiche originali, per scardinarsi in alcuni momenti, lasciando spazio alla poesia e ad un movimento che invoca libertà e cambiamento.

Il nostro lavoro, nato da una lunga ricerca laboratoriale, non vuole fornire risposte o particolari chiavi interpretative. La nostra pratica teatrale si basa sul concetto di “qui ed ora”. Gli spettatori sono testimoni di un atto scenico che prevede la loro presenza in quanto possibili concorrenti , che li include in quanto coro di una tragedia che si compie davanti a loro. Come se fosse possibile cambiarla, ribaltare il destino della macchina, scompigliare le regole, entrare nel gioco.
Pensiamo a DOMINO come a uno spettacolo classico, nel senso di antico. Un rituale, se vogliamo, di incontro/scontro con questioni e problematiche con cui siamo costretti ogni giorno a confrontarci in un presente che ha superato ogni distopia e in cui ci ritroviamo incapaci di reagire. La necessità è stata quella di portare queste problematiche in strada, con un linguaggio in grado di comunicare con un pubblico vasto, anche non avvezzo al teatro. Ecco la sfida. L’intreccio tra arte e realtà, tra vita vera e rappresentazione.