Il mio vicino (2011)

Il mio vicino (2011)

Testo e regia di Horacio Czertok
Con Horacio Czertok e Moncef Aissa
Musiche di Andrea Amaducci

Laboratorio Teatrale della Casa Circondariale “Costantino Satta” di Ferrara sostenuto dal Comune di Ferrara-ASP, dal Coordinamento Regionale Teatro Carcere, dalla Regione Emilia-Romagna, attivo con carattere di continuità dal 2005.

“Il mio vicino” del Teatro Nucleo di Ferrara, visto il 13 aprile 2018 a “Officine Caos” di Torino è un esempio chiarissimo delle metamorfosi che il teatro ha subito negli ultimi anni. In positivo. Perché dà l’idea di quale può essere la sua forza quando si presenta in forma di prova permanente. Il racconto si apre con Horacio che parla di sé, della sua vita avventurosa, delle scelte che ha dovuto compiere e delle ragioni per cui, in Italia, anziché dedicarsi a giovani virgulti che sognano di diventare grandi attori, sceglie di lavorare con persone che sono detenute. Usciranno, prima o poi.

E Moncef Aissa, con cui aveva lavorato per lungo tempo in carcere, un giorno se lo ritrova per strada. “Sei scappato? – No, sono libero. E abito vicino a te. Là”. L’autore-regista del lavoro a cui si assiste è di fronte al pubblico e ci dice chi è Moncef: uno sradicato, come lo è lui, due persone alle quali la terra è stata tolta, Horacio costretto all’esilio dalla sua Argentina, Moncef dalla sua Tunisia.

Un commovente percorso di vita che potrebbe essere ospitato in ogni casa, a testimonianza che il teatro è destinato a non morire mai.

Remo Rostagno


Sullo spettacolo

Horacio Czertok

Spesso mi chiedono perché faccio teatro in carcere. Perché ci ostiniamo nel tenere vivo lì il laboratorio teatrale.
Perché accettare questa durezza che ogni giorno il carcere impone a noi come a tutti quelli che sono lì a fare la loro parte.
Mi sono trovato a rispondere: queste persone qui, i detenuti, prima o poi usciranno e verranno a vivere vicino a casa mia: come voglio che sia il mio vicino di casa? La legge ci autorizza a partecipare nel “percorso trattamentale” da normali cittadini, che è poi quello che siamo in carcere, con l’autorevolezza che la nostra pratica ha guadagnato sul campo.

Abbiamo pensato che se possiamo, allora dobbiamo farlo. Così, durante circa tre anni ho lavorato in carcere con Moncef Aissa, un cittadino tunisino detenuto.
Insieme, e partendo da “luoghi culturali” estremamente diversi, abbiamo fatto un buon percorso. Un bel giorno esco da casa e chi ti trovo lì per strada in bicicletta?

Moncef ! Gli dico “Cosa ci fai qui? Sei scappato di prigione?”
“No”, risponde, “sono libero ora”.
“Ma cosa ci fai qui?”
“Ah io qui ci vivo!”.

Sulla mia strada. A trenta metri da casa mia.

Così è nato questo spettacolo: sul ilo del racconto delle tante cose che ci siamo trovati a vivere con il teatro nel carcere e che ci hanno fatto crescere, su questa rotta che porta da Buenos Aires a Ferrara e che passa dalla Tunisia, un tragitto fatto di storie, poesie arabe, canzoni argentine, Totò, Oscar Wilde e tutta l’ininita travolgente diversità delle nostre rispettive visioni.

“Il mio vicino” vuole narrare la costruzione di “una terra possibile, fatta di parole, gesti e poesia” a partire dall’incontro di due “sradicati”, due esseri ai quali la terra è stata tolta per volere di qualcun altro: Moncef, detenuto originario della Tunisia, e Horacio, costretto all’esilio dalla sua Argentina dopo il colpo di stato di Videla. Un incontro avvenuto in “una terra di nessuno”piena di soferenza: il carcere.

La diversità culturale, naturalmente presente nel percorso che facciamo in carcere, e con la quale dobbiamo fare i conti anche quando siamo a 2 passi da casa nostra, è l’elemento fondante non solo di questo spettacolo, ma di grossa parte della nostra pratica teatrale da ormai 40 anni.

È il “quid” attraverso cui ancora facciamo scoperte, ci sorprendiamo, cresciamo e nutriamo il nostro immaginario, possiamo diventare uomini migliori; questa nostra diversità, coltivata con cura tra le dure mura del carcere e custodita nella nostra collaborazione artistica, è ciò che, attraverso lo spettacolo “Il mio Vicino” vogliamo condividere, per capirla meglio, per entrarci ancora più dentro, perché solo nella condivisione e nell’attraversamento delle barriere tra “Te e Me” si capisce di cosa siamo fatti per davvero.”